“La ricerca del fondamento stabile per costruire la vita sulla roccia dell’autenticità non è per nulla facile”. A mio parere questa frase dell’autore racchiude in se due aspetti chiave per capire la valenza del concetto e soprattutto della pratica dell’autenticità: 1) l’autenticità può rappresentare un punto di riferimento cardine sul quale costruire la propria vita; 2) far questo (soprattutto di fronte alle complessità del mondo di oggi) non è per niente facile ma al tempo stesso rappresenta un concreto strumento, una base solida (roccia) dalla quale gestire cambiamenti ed incertezze.
L’autore sviluppa il libro lungo tre tesi profondamente integrate:
“1. L’uomo autentico è l’uomo libero. 2. L’uomo autentico è l’uomo libero anzitutto da se stesso. 3. L’uomo autentico è l’uomo che vive per la giustizia, il bene, la verità.”
Innanzi tutto è fondamentale l’associazione del concetto di autenticità con quello di libertà. La libertà è essenzialmente un diritto (e dovere!) di scelta: il fatto è che sempre e comunque siamo liberi di scegliere; scegliamo magari in modo inconsapevole, magari in modo consapevolmente obbligato, però scegliamo. Se non altro sempre e comunque scegliamo il tipo di atteggiamento con il quale ci confrontiamo con le problematiche ed opportunità della vita. Questo ci introduce direttamente ad una interessantissima distinzione che l’autore fa (tratta da varie considerazioni sia di carattere filosofico che di vita pratica) fra autenticità soggettiva ed autenticità oggettiva.
Autenticità soggettiva e autenticità oggettiva
L’autenticità soggettiva riguarda l’identificazione e l’espressione di se stessi in modo genuino, aldilà degli schemi e delle convenzioni sociali o culturali: portare avanti in modo determinato i principi i valori in cui crediamo e questo già in se richiede un’azione di consapevolezza ed introspezione che è trascurata da molti di noi. Essere autentici in modo soggettivo può assumere una valenza positiva o negativa (in relazione al nostro agire nei confronti degli altri) proprio a seconda dei principi a cui noi facciamo riferimento e a cui si è fedeli. Scrive Mancuso “Dai dittatori agli inquisitori, tutti uomini soggettivamente autentici”.
Questa dimensione di autenticità è comunque riduttiva rispetto alle potenzialità di espressione umana: un dittatore è in primo luogo una persona che non è libera dalla rigidità dei propri schemi mentali. Secondo Mancuso questo tipo di autenticità è un’autenticità a metà; manca l’autenticità di natura oggettiva, quella osservabile anche dall’esterno, dagli altri e che Mancuso associa hai concetti di “giustizia, bene e verità”. L’autore entra nel dettaglio di queste dinamiche: “La verità autentica, infatti, ha natura relazionale, coincide con il bene e con la giustizia, e perciò le idee che intendono rappresentarla si verificano pragmaticamente sulla capacità di produrre bene e giustizia”. Autenticità quindi sono come espressione genuina di se, ma soprattutto come espressione genuina del proprio contributo alla giustizia al bene e alla verità. L’autenticità diviene in questo modo uno stimolo costante e fondamentale di progettualità e vita: “Il vero uomo è colui che ha trovato qualcosa di più grande di se per cui vivere, ma che proprio per questo acquisisce un sapore, un timbro, una musica interiore del tutto personali e inconfondibili”.
Molto più che semplice filosofia...
Tutto questo pare molto filosofico? Tutt’altro! è semplicemente un modo per inquadrare in maniera diversa come scegliamo di interpretare la nostra vita: se lo facciamo in modo non autentico siamo delle comparse in un copione scritto e gestito da altri; se lo facciamo con autenticità (sia nella forma soggettiva, ma soprattutto in quella oggettiva) ci rendiamo protagonisti della nostra vita, facciamo della consapevolezza e dell’azione uno strumento di vita che ci da la forza di esprimerci e questa forza viene dal pensare e agire per qualcosa ben più grande di noi; un qualcosa di collettivo rispetto al quale possiamo dare il nostro unico, originale ed imprescindibile contributo.
Gioco ‘in difesa’ e gioco ‘in attacco’...
A mio parere, secondo questa costruzione teorica e pratica, la vita non autentica è quella vissuta ‘in difesa’: in balia delle circostanze, sempre attenti a come ci esprimiamo per non osare troppo e finire vittime delle stesse e per questo spesso inconsapevoli delle nostre reali potenzialità' e manchevolezze. Tutto questo parte dalla convinzione che abbiamo un controllo praticamente nullo sul nostro destino. La vita autentica è invece quella vissuta ‘in attacco’: basata sul conoscere se stessi ed esprimere il meglio che abbiamo dentro nell’interesse e per il bene non solo proprio ma anche altrui. E' da questa prospettiva che ci sentiamo sempre e comunque forti: viviamo la vita da quello spuntone di roccia che ci permette di essere realmente consapevoli protagonisti delle dinamiche di incertezza, cambiamento e complessità' che ci circondano. Proprio a questa forza, tratta dall’autenticità, si riferiscono i concetti di bene comune, verità e giustizia a cui Mancuso fa richiamo.
Un quesito per tutti noi
Ciò' che dovrebbe far riflettere e' che tutto questo non e' filosofia bensì un forte invito alla consapevolezza di se: avere il coraggio di guardarci veramente allo specchio per come siamo e andando ancora più' nel profondo alla ricerca di quanto più' buono e positivo sia presente in noi. Successivamente compiere un passo fondamentale: esprimerlo, anche se le circostanze e il sistema socio-culturale in cui siamo inseriti ce lo sconsiglia o ci pone delle barriere.
Le tesi di Mancuso sull’autenticità rappresentano per tutti noi un guanto di sfida sul tema: è ancora sostenibile non vivere la vita in modo veramente autentico? Noi stessi come individui, la società nel suo complesso e le nostre aziende sempre più immerse in cambiamenti ed incertezze globali, non solo hanno bisogno di una risposta a questo quesito, ma soprattutto dell’azione che ne deve conseguire.